La vita ai tempi della quarantena

Lockdown diary (5)

Sabry author

La vita ai tempi della quarantena

#IoRestoACasa #StayAtHome

E’ il quinto post che scrivo da quando è scattato il lockdown nel nostro Paese. Pochini, se si pensa che siamo reclusi in casa da quasi due mesi. Anche se il mio periodo di reclusione è iniziato, per motivi di lavoro, ben prima della misura restrittiva imposta dal Governo.

Il motivo di tale secchezza editoriale è presto detto: è talmente inusuale per me aver tanto tempo a disposizione che l’ho impiegato per fare una moltitudine di cose che normalmente non ho il tempo (o la forza) di fare.

La prima cosa a cui mi sono dedicata è la formazione personale: ho seguito una moltitudine di webinar sugli argomenti più disparati, oltre che relativi al mio settore di attività naturalmente. Ho fissato un appuntamento quotidiano con la mia famiglia, molto lontana da me, per raccontarci la giornata, i timori e le speranze per questo incerto futuro.

Ho osservato le istituzioni, le testate giornalistiche, le TV, gli specialisti, i virologi, le task force.

Ma volenti o nolenti i grandi protagonisti di questo lockdown sono le persone comuni.

Quelle che lavorano nei nostri ospedali, quelle ricoverate, quelle uccise tra le mura domestiche, quelle guarite, quelle che condividono sui social la loro quotidianità.

Ma vediamo come si è evoluta questa emergenza per le persone comuni.

La prima settimana

Forse come reazione contraria allo sgomento dei primissimi giorni, o per sentirci davvero #distantimauniti, nella prima settimana abbiamo condiviso con i vicini tutte le canzoni più belle della nostra tradizione e non. I balconi si sono illuminati di lucine e rimandavano versi famosissimi, quasi a voler fare arrivare il suono lontano, fino a dove altro non poteva arrivare.

E si riscopre l’orgoglio di essere italiani, come per i Mondiali di calcio.

Altri danno vita a idee creative e divertenti!

Mentre qualcuno, da solo, si appella ad entità sovrumane.

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La seconda e terza settimana

E’ il momento di Giuseppe Conte: la sovraesposizione mediatica del nostro Presidente crea il fenomeno. Nascono le “bimbe di Conte”.

Cresce enormemente il consenso verso un uomo che si è trovato a dover gestire una situazione inimmaginabile senza alcuna preparazione di sorta, ma certamente armato di buona volontà.

Durante questo periodo vi è stato un susseguirsi di DPCM mai visto prima (con allegata ogni volta un’autocertificazione aggiornata, diversa dalla precedente; ho perso il conto, ma dovremmo essere a 5 ad oggi). Bonus, incentivi, cassa integrazione: sono tutte le promesse del Governo a milioni di aziende in crisi e lavoratori senza stipendio. Ma i soldi non arrivano, i portali si inceppano, lo smart working improvvisato diventa pericoloso per gli asset aziendali. La burocrazia continua ad essere il male peggiore del nostro Paese.

La gente inizia ad essere insofferente: nel frattempo è arrivata la primavera che ci complica la vita. Qualcuno inizia a trasgredire…

Ecco allora che inizia uno show inatteso: quello dei nostri sindaci (e di un presidente di regione, ma su di lui si dovrebbe scrivere un articolo a parte) che iniziano a “rimproverare” per strada e sui social i loro concittadini.

Ma la maggior parte degli italiani riscopre il piacere della cucina. Tutti i social pullulano di foto e video di gustosi (più o meno) manicaretti fatti in casa.

E a lievitare non è solo la pizza… Quindi i salutisti virano sul fitness: workout, #restainforma urlano gli influencer dai profili Instagram.

Tra le più seguite social media star c’è Pamela Reif.

Circa 2 milioni e 800 mila follower su Youtube e oltre 5 milioni su Instagram, Pamela è Wonder Woman: non suda, non fa alcuno sforzo mentre fa gli addominali e mantiene capelli e trucco perfetti dall’inizio alla fine delle sessioni di fitness. 😯

La quarta e la quinta settimana

Ma gli italiani, tra fornelli e fitness, dove trovano ispirazione?

Da Google naturalmente. 

Grazie ad una ricerca curata da Quindo, un’agenzia SEO tutta al femminile, abbiamo una fotografia perfetta su ciò che hanno googlato gli italiani durante la quarantena. Ringrazio pubblicamente Laura Venturini, CEO di Quindo, per avermi fornito il documento scovato per caso su LinkedIn 😀 

E arriva (sigh) il momento della spinosa questione relativa al contact tracing. Giuristi, informatici, giornalisti e politici si interrogano sui criteri di scelta dell’App “Immuni”, sulle modalità di memorizzazione dei dati, sui problemi legati alla privacy e su un eventuale utilizzo “ulteriore” dei dati raccolti in occasione di una situazione di emergenza.

Paure legittime, soprattutto se lette nell’ottica di ciò che diceva il giornalista Giuseppe Prezzolini: “In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo”.

Coronavirus, l'app Immuni debutta con i test: dati custoditi in ...

Visto l’iniziale tono dell’articolo, non affronterò oggi le problematiche legate all’App scelta tra le circa 800 pervenute a seguito della call for contributions del Ministro Paola Pisano. L’unica cosa che mi preme sottolineare è che, come riferito dal Presidente Conte, «l’app per il tracciamento dei contagi sarà solo volontaria e non ci saranno pregiudizi per chi non vorrà scaricarla ».

Siamo alla N settimana di lockdown.

Il Paese si sta preparando alla riapertura, con la consapevolezza che nulla sarà come prima. Cambieranno le nostre abitudini, il modo di vestirci, i luoghi che frequentavamo abitualmente, il modo di viaggiare.

Ma #celafaremo, sempre a colpi di hashtag naturalmente.

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